La grotta di Collepardo

La grotta di Collepardo

La Grotta di Collepardo, sul versante meridionale dei Monti Ernici, si apre nel fianco di una gola, alla base di un torrione detto Rupe del Marginato, originato dall’erosione di un torrente. Per la singolarità delle formazioni rocciose, simili a figure umane e animali, fu conosciuta per molto tempo come Grotta dei Bambocci, nome che fu sostituito nel 1904 con quello di Grotta Regina Margherita di Savoia in ricordo della storica visita della prima regina d’Italia.

Presenta volte ricche di stalattiti, alcune delle quali si collegano alle stalagmiti in un processo ancora attivo. La sala principale si estende per oltre 90 metri per una larghezza che varia tra i 30 e i 60 metri. La volta, alta tra i 14 e i 20 metri, è divisa in tre settori da colonne stalagmitiche. L’ingresso triangolare, alto 7 metri per 11 di larghezza, immette in un vasto ambiente in discesa caratterizzato da stalattiti, blocchi di crollo della volta e detriti calcarei.

Nella parte più depressa si ipotizza potesse esservi un laghetto o una zona umida ristagnante che raccoglieva le acque dei rivoli sotterranei. Da qui, si sale di quota fino a raggiungere il settore più alto detto Palco per poi scendere nuovamente in direzione Nord Ovest dove si aprono la sala della Foresta pietrificata, così definita per l’imponenza delle stalagmiti che si uniscono alle stalattiti, la Sala centrale e la Sala del trono o Sala della regina dove si dice che la regina Margherita si sedette su di una stalagmite che le ricordava un trono. In fondo alla grotta, in posizione più elevata, si trova la Sala alta con piccoli ambienti creati dalle colonne stalagmitiche e dai crolli verificatisi nel corso del tempo in cui si ammirano i lunghi spaghetti, sottili formazioni ancora in attività, e le perle di grotta, formazioni sferiche all’interno di piccole pozze d’acqua.

La Grotta di Collepardo è stata da sempre meta di visitatori e studiosi. Il primo approccio scientifico si deve al naturalista Giuseppe Ponzi che tra il 1852 e il 1853 rinvenne resti di fauna pleistocenica. All’inizio del ‘900, nuovi studi portarono al ritrovamento di reperti risalenti alle fasi iniziali del Bronzo medio. Nel 2008, è stato rivelato l’uso prevalentemente funerario delle Grotte e la presenza di probabili attività rituali connesse al culto dei defunti. Tra il 2014 e il 2015 sono state effettuate due campagne di rilievo e campionamento archeologico a cura dell’Università di Durham in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio, l’Università di Roma Tor Vergata, il Comune e il Consorzio delle Grotte di Pastena e Collepardo in cui sono emersi dati interessanti per la comprensione della vita quotidiana e delle pratiche cultuali e funerarie delle comunità preistoriche che abitavano questo territorio.